Blackout in Europa: la fragilità delle reti elettriche non è il sole

Il blackout che il 28 aprile ha colpito Spagna e Portogallo ha lasciato al buio milioni di persone e acceso un riflettore su un tema che troppo spesso resta in penombra: la fragilità delle nostre reti elettriche. E no, l’energia rinnovabile non è la cattiva della storia. Anzi, è la protagonista bistrattata, accusata ingiustamente di crimini che non ha commesso.
La verità? Il sistema si è inceppato per colpa di un guasto tecnico su una linea ad alta tensione tra Francia e Spagna. A quel punto, un effetto domino ha portato allo spegnimento a cascata dei generatori, mentre i meccanismi di compensazione arrancavano.
Cargo, blackout e bugie: i fatti contano più dei titoli
“È colpa del fotovoltaico!” hanno tuonato in molti, da talk show e prime pagine. Ma i dati dicono altro: mentre le centrali nucleari impiegavano ore per tornare operative, le fonti rinnovabili riprendevano servizio in meno di cinque ore, garantendo oltre il 90% della domanda elettrica.
E i cargo? Anche loro, tra navi bloccate e logistica da riprogrammare, hanno subito le conseguenze del blackout. Perché, quando manca energia, si ferma tutto: dalla catena di montaggio al frigorifero di casa.
Le batterie non sono optional: sono il cuore della transizione
Uno dei problemi strutturali emersi in questa crisi è l’insufficiente capacità di accumulo energia e la fragilità delle nostre reti elettriche. La Spagna ha solo 60 MW di batterie installate: un’inezia rispetto ai 10.000 MW italiani. E se l’energia prodotta dal sole e dal vento non può essere immagazzinata, non può nemmeno essere distribuita quando serve davvero.
Inoltre, solo una parte degli impianti di pompaggio idroelettrico è stata realmente attivata durante il blackout. Serve una strategia integrata, non cerotti su una rete che mostra sempre più spesso i suoi limiti.
Inverter e tecnologia “grid-forming”: il futuro ha bisogno di flessibilità
Chi sostiene che le rinnovabili siano “instabili” perché prive di inerzia, dovrebbe aggiornarsi. Le moderne tecnologie inverter, soprattutto quelle grid-forming, simulano l’inerzia delle centrali tradizionali, contribuendo alla stabilità della frequenza di rete anche in assenza di turbine.
Questi sistemi, già utilizzati con successo in Germania, California e Sud Australia, possono fare molto più di quanto si creda. Ma serve volontà politica e investimento infrastrutturale.
Nucleare: stabile ma lento (e quando serve, troppo rigido)
Il blackout ha messo a nudo anche un altro mito: quello del nucleare come baluardo di stabilità. Le centrali spagnole sono andate in emergenza, costringendo i tecnici a concentrare gli sforzi per raffreddare i reattori, rallentando il ripristino della rete.
La realtà è che il nucleare è inadatto alla gestione dinamica delle reti moderne, dove la velocità di risposta è cruciale.
Le vere soluzioni: reti intelligenti, accumulo diffuso e interconnessioni
Il blackout non è stato un incidente isolato, ma il sintomo di una rete obsoleta, incapace di gestire le sfide della transizione energetica. Le soluzioni? Le conosciamo:
- Potenziamento delle interconnessioni internazionali
- Aumento della capacità di accumulo energia (batterie e idroelettrico)
- Investimenti in inverter grid-forming e sistemi di controllo avanzati
- Promozione della gestione intelligente della domanda (demand response)
- Sviluppo di infrastrutture smart e reti resilienti
Rinnovabili + tecnologia = stabilità. Ma serve lungimiranza, non nostalgia
L’incidente in Spagna dimostra che la transizione è possibile, ma va accompagnata. Non basta installare pannelli e pale eoliche: bisogna ripensare il sistema elettrico nel suo complesso, trasformandolo da rete rigida a ecosistema flessibile.
La buona notizia? Le tecnologie ci sono. I dati pure. Mancano solo scelte coraggiose. Perché la vera energia del futuro non è quella che brucia, ma quella che cambia le regole del gioco.